Il Monte Clemo

Posto tra valli e laghi, il Monte Clemo è un baluardo panoramico sul territorio. La poca fatica per salirlo è ripagata dal godimento a 360° delle montagne intorno.

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Turismo

Descrizione

La conoscenza dei luoghi inizia dal loro nome: Clemo – in gergo locale “Clem” – deriva dal latino “culmen”, cima, vetta ). L’itinerario che consente di “goderlo” appieno, il periplo alto del monte Clemo, offre una completa e rilassante immersione nel verde boschivo che si apre di tanto in tanto con scorci visivi sul paesaggio circostante. Si pensi che fino alla metà del secolo scorso la montagna, lungo i suoi versanti meno ripidi, era completamente disboscata e coperta di praterie pascolate poi l’abbandono della pastorizia ha lasciato libero il campo alla ripresa del bosco attuale; dapprima ha fatto la sua comparsa il nocciolo e in seguito è avvenuto l’ingresso di altre specie legnose spontanee e oggi comuni sul territorio come il carpino nero, l’orniello e la roverella.
Ad accelerare la copertura forestale hanno contribuito negli anni ‘60 numerosi impianti di specie esotiche come il pino strobo di origine americana, il pino nero d’Austria, oppure la quercia rossa, anch’essa di origine americana. Si incontrano anche i larici, ma è evidente che soffrono per una collocazione ben lontana dalle quote dove abitualmente vivono sulle Alpi.
In alto, sulle pendici settentrionali compaiono alcuni esemplari di faggio e l’immancabile betulla che ha un’ampia diffusione sull’intera pendice verso Pianico. Anche il castagno è presente come residuo di un antico interesse per il suo legname resistente alla marcescenza. Verso il basso la boscaglia che riveste le pendici sfuma o si interrompe in modo brusco con siepi di nocciolo che contornano le praterie falciate e concimate dei pianori.

Questa montagna dolomitica dalla cima arrotondata e smussata dallo scorrimento di antiche lingue glaciali conserva sulle sue balze e sui piccoli ripiani numerosi massi erratici, alcuni di notevoli dimensioni, prevalentemente costituiti di porfido o di conglomerato permiano (Verrucano Lombardo e conglomerato del Dosso dei Galli). Questi macigni attestano con la loro presenza il passaggio di colossali lingue glaciali che li hanno trascinati fin qui nel loro scorrere verso la pianura padana. Il monte Clemo era allora circondato da quattro flussi glaciali uno dei quali scavalcava la sella di Solto Collina lasciando, come testimonianza evidente, le colline moreniche ancora oggi ben visibili nel paesaggio attorno all’abitato.
La crescita della vegetazione boschiva sulla vetta impedisce di ammirare il panorama a giro d’orizzonte; tuttavia se ci si porta per un centinaio di metri in direzione sud-occidentale, scendendo poco oltre le antenne, è possibile godere di una vista veramente suggestiva del sottostante laghetto di Gaiano e del lago di Endine.
Lungo il sentiero, nel suo tratto settentrionale, si apre uno scorcio panoramico sull’intera Val Borlezza fino alla piana di Clusone. Dalla forma ad “U” della valle è facile immaginare che anch’essa sia stata modellata dalla risalita di una lingua glaciale che si staccava dal poderoso flusso principale camuno-sebino.